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CRINOS FOOD ART

Dal 5 al 10 ottobre l’arte di Pellegrino Capobianco (in arte Crinos) incontra il mondo coloratissimo della pasta di zucchero. Un’istallazione fatta di dipinti e torte si creerà sotto gli occhi dei passanti e dei clienti de “Le Golosità di Meme“.

Cibo, dolci, sapori e odori zuccherosi si mescoleranno ai colori acrilici e ad olio delle pennellate sfumate dell’artista, nella creazione di un’opera d’arte non solo da guardare …

Rocca Farnese

La mattina del 16 dicembre 2008 il muraglione di sostegno del giardino pensile della Rocca Farnese di Ischia di Castro, a seguito di forti piogge, cede e blocca la via d’accesso al paese vecchio. Il drammatico crollo induce il nuovo proprietario, Stefano Aluffi Pentini, a soli pochi mesi dall’acquisto, a dare il via a costosi e complessi lavori di restauro.

La Rocca, secondo fonti antiche, risulta la prima e più vetusta dimora dei Farnese. Costruita nei pressi di un ancor più antico castrum degli Aldobrandeschi, è scenario di sanguinarie vicende nel 1395 che vede sopravvivere solo Ranuccio il Vecchio, nonno di papa Paolo III. La fortezza che si sviluppava intorno a tre torri, ampliata nel XV secolo, è completamente trasformata nel XVI secolo dal progetto di Antonio da Sangallo il Giovane che le conferisce l’aspetto di un Palazzo rinascimentale.

L’architetto, a partire dal 1537, è impegnato anche nella costruzione della città di Castro, capitale del nuovo ducato costituito da Paolo III al confine tra la Toscana e lo Stato della Chiesa e affidato al figlio Pier Luigi. Distratto perciò dai nuovi impegni, Sangallo rallenta e lascia incompiuto il Palazzo di Ischia che alla fine del ducato di Castro, 1649, passa alla Camera Apostolica, alla fine del Settecento ai Capranica e  dai primi del Novecento è proprietà della famiglia Piermantini.

La Rocca al momento dell’acquisto, se pur integra nel suo aspetto, versava in un totale stato di abbandono. Stefano Aluffi Pentinicoadiuvato dall’architetto Gianmarco de Felice, decide e s’impegna a riportare allo splendore il Palazzo, così che gli abitanti di Ischia di Castro possano nuovamente godere della bellezza dell’edificio più significativo della loro terra.

di Pellegrino Capobianco per www.adsi.it

Storia di una villa palladiana

Nel veneto un grandioso sistema territoriale si è andato a costituire nel tempo, composto da numerose ville, che riuniscono i caratteri di residenza signorile e insieme di centro agrario. Esse hanno trovato la loro più alta definizione architettonica con Andrea di Pietro dalla Gondola, detto il Palladio, il quale raggiunge, a partire dalla metà del XVI secolo, una piena consapevolezza urbanistica, nell’integrare, con maestria, le ville al contesto circostante.

A pochi chilometri da Vicenza si trova il complesso della Villa Piovene da Schio, contornata da un ampio giardino con grandi viali di piante e ampi spazi verdi.

Il complesso è stato costruito nella seconda metà del ’600 dalla Famiglia Piovene, su progetto, d’ispirazione palladiana, dall’architetto e ingegnere Antonio Pizzocaro, ingrandita in seguito, nel sec. XVIII, con l’aggiunta del portico verso il parco settecentesco, per un bell’esempio di giardino all’italiana.

La villa è stata ereditata poi dalla famiglia da Porto e in ultimo dalla famiglia da Schio, l’attuale proprietaria, che ha deciso per un duplice motivo, uno di carattere affettivo e l’altro di carattere economico-imprenditoriale, di restaurare l’intero complesso.

Il restauro, come sostiene l’architetto Giacomo di Thiene, ha lo scopo di restituire piena funzionalità all’intero complesso ed ha interessato, pertanto, sia gli interni sia gli esterni dell’edificio: tetti, pavimenti, stucchi, decori ed inferriate.

La villa veneta va vissuta non solo come residenza, ma come polo di attività – sostiene l’attuale proprietario Giovanni da Schio – il cui scopo è conservarla e tramandarla, con amore, alle prossime generazioni, ma con la visone moderna di renderla fruibile al pubblico, aprendo così le porte ai visitatori.

Pellegrino Capobianco

Grazie FAI per quello che fai !

Eravamo quattro amici al bar che pensavano di cambiare il mondo …

potrebbero cantare così oggi Renato Bazzoni, Giulia Maria Crespi, Franco Russoli e Alberto Predieri, fondatori, il 28 aprile del 1975, su modello del National Trust inglese, del Fondo Ambiente Italiano, o meglio conosciuto come FAI. Quattro amici diversissimi tra loro ma mossi dal medesimo obiettivo: fare qualcosa di importante per salvare le bellezze del nostro Paese.

Dopo 40 anni di acqua sotto i ponti ne è passata e molti degli obiettivi prefissati sono stati raggiunti con successo.

Quel sogno si è trasformato in realtà, e, anche se il mondo non è stato cambiato, sicuramente il patrimonio italiano ha goduto dell’esistenza di questa fondazione e delle numerose campagne conservative e di restauro in cui si è spesa, raggiungendo numeri da record:

  • 52 beni in tutta Italia di cui 30 aperti regolarmente al pubblico,
  • più di 5 milioni di metri quadrati di paesaggio protetto,
  • oltre 60 mila metri quadrati di edifici,
  • 120 mila iscritti e donatori attivi,
  • 117 delegazioni,
  • 68 gruppi Fai, e 62 gruppi Fai Giovani,
  • 580 mila visitatori nei Beni del Fai nel 2014,
  • oltre 650mila i visitatori nei siti aperti per l’ultima edizione delle Giornate Fai di Primavera.

Cosa dire: Grazie FAI per quello che fai e Tanti Auguri di buon compleanno!

Pellegrino Capobianco